“Otto anni alla guida del Mann”, conversazione di Ludovico Solima con Paolo Giulierini, a cura di Serena Venditto – Introduzione


INTRODUZIONE

di Ludovico Solima

Alcuni mesi fa, ho proposto al Direttore Paolo Giulierini di realizzare un “bilancio di mandato”, ovvero un documento utile a riflettere su quanto realizzato nel corso del suo duplice incarico, ponendolo in relazione alla missione che il Museo si è dato all’atto del suo insediamento.

Il punto di partenza di queste riflessioni non può che essere costituito dalla definizione della mission del MANN, che rappresenta l’architrave su cui è stata costruita la gestione del Museo in questi otto anni. La mission è infatti il punto di avvio del processo decisionale di un’organizzazione, che si sviluppa e si dipana nel tempo attraverso una molteplicità di scelte, che devono risultare egualmente coerenti con questa definizione iniziale. È dunque proprio questa coerenza interna che assicura la congruenza delle decisioni prese nel corso del tempo rispetto alle finalità che il Museo si è posto.

Non casualmente, nell’introduzione al primo Piano Strategico del Museo, il Direttore afferma:

«Questo documento individua gli ambiti principali sui quali il Museo Archeologico Nazionale di Napoli intende operare nel corso dei prossimi quattro anni. L’importanza del Piano Strategico è da mettere in relazione alla necessità di pianificare con cura ed attenzione le numerose attività che il MANN si propone di realizzare nel periodo 2016-2019, dotandosi pertanto di uno strumento di programmazione che, sulla base dell’identità e della storia del Museo, possa concorrere a delineare la visione di ciò che esso sarà al termine del mio mandato. Il Piano Strategico rappresenterà dunque la “stella polare” alla quale la Direzione e lo staff scientifico ed amministrativo del Museo dovranno riferirsi nel perseguimento degli obiettivi strategici, nell’individuazione delle diverse azioni da attivare per giungere alla loro realizzazione, così come nell’identificazione delle risorse necessarie per implementare tali azioni».

La missione del MANN è stata enunciata pubblicamente, per la prima volta, con la stesura del primo Piano Strategico: ricordo le ricorrenti e articolate discussioni con il Direttore su quali caratteristiche dovesse avere questa definizione, su quali aspetti dovesse vertere e finanche su quali specifici termini dovessero esser utilizzati.

In realtà, questa grande attenzione che abbiamo posto alla definizione della mission non è legata a una sua immutabilità e dunque all’irreversibilità della sua formulazione: la definizione della mission, per i motivi più vari, può infatti essere nel tempo modificata – e infatti, nel secondo Piano Strategico del Museo la definizione iniziale è stata ulteriormente sviluppata – ma quello era il momento della sua prima enunciazione per il MANN e avevamo quindi la percezione che fosse importante definirla nel modo migliore possibile, proprio perché era la prima.

E dunque, ecco di seguito la mission enunciata nel primo Piano Strategico del MANN, per il periodo 2016-2019:

«Lo scopo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli è di sviluppare e diffondere la conoscenza della storia e delle culture dei popoli attraverso la custodia, lo studio, l’interpretazione e la valorizzazione delle sue eccezionali collezioni. Per questo motivo, il Museo si rivolge a visitatori ed utenti di ogni età, reddito, preparazione e provenienza, progettando esperienze di visita e modalità innovative di fruizione che stimolino la comprensione delle nostre origini e la consapevolezza delle nostre comuni radici».

Nel successivo Piano Strategico, per il periodo 2020-2023, è stata sostanzialmente confermata la prima enunciazione, aggiungendo un ulteriore passaggio:

«Il nuovo ruolo del museo assurge a quello di natura politica, nel senso di luogo che crea le precondizioni per la comprensione di tutti i meccanismi che sottostanno ai processi storici moderni, che funge da stimolo della capacità critica dei propri utenti, che si presenta come forza attiva della città, sostenendo, condizionando e rafforzando i processi di sviluppo urbanistico, sociale ed economico».

Nel secondo Piano Strategico la mission del MANN, dunque, non è stata modificata, ma piuttosto arricchita con l’introduzione di una nuova prospettiva di azione dalla quale traspare ancora di più la marcata attenzione che il Direttore ha inteso porre sul rapporto tra il Museo e il contesto esterno, cioè la relazione con la città e i suoi residenti. E, dunque, con la relazione con la comunità della quale il MANN è parte e, rispetto alla quale, ha inteso anche svolgere un ruolo di “attivatore” e di “aggregatore”, attraverso una molteplicità di politiche culturali e azioni specifiche che nel tempo hanno anche contribuito a rafforzare il sentimento identitario dei residenti.

Con gli occhi (e il cuore) di un cittadino, più che di uno studioso, credo infatti di poter affermare che il MANN, come ben spiegato dal Direttore nelle pagine che seguono, ora non è più solo un fonema utile a identificare una porzione ben precisa della città, magari per darsi un appuntamento, ma è un luogo nel quale – e con il quale – i napoletani hanno pian piano imparato a relazionarsi, sino a sentirlo “proprio”.

Questa volontà di “restituzione” del museo alla città si comprende ancora meglio in un passaggio dell’Introduzione al secondo Piano Strategico, nel quale il Direttore afferma, in modo ancora più esplicito:

«Se pensiamo ad un futuro per il MANN abbiamo in mente un luogo del benessere professionale, una piazza dove essere non astrattamente felici, ma felici perché consapevoli di poter acquisire elementi critici di lettura e comprensione della storia. E, ancora, sogniamo un luogo completamente accessibile, un istituto ecologico, un centro che fornisca le coordinate culturali e urbanistiche al proprio quartiere, una speranza di orientamento e di lavoro per i giovani che si accingono a gestire dal basso i beni culturali, un luogo di ricerca che sia espressione della migliore tecnologia, un punto di riferimento culturale del Mediterraneo e del Meridione del mondo: e solo alla fine una cattedrale della bellezza. Ne deriva, da tutto ciò, la reale potenzialità dell’autonomia museale, per troppo tempo schiacciata solo su quadri quantitativi e numerici, soprattutto dalla stampa, e invece vera rivoluzione, proprio per la capacità di generare nuove strategie e adattarsi rapidamente ad un mondo in rapida evoluzione».

Ora, come è giusto che sia, un Piano Strategico accoglie i desiderata del Direttore, espressi attraverso una molteplicità di “dichiarazioni di intenti”, formulate sulla base dell’analisi della situazione attuale, interna e di contesto, e di previsioni sullo scenario con il quale il museo è chiamato a confrontarsi.

Nel caso del MANN, ad esempio, lo scatenarsi del Covid, nel febbraio 2020, ha determinato un profondo cambiamento nel documento di programmazione sul quale avevo per mesi lavorato, imponendo non solo delle modifiche alla sua struttura, ma anche nei valori di riferimento del Museo – al primo posto, nella sua definitiva formulazione, vi è infatti la “sicurezza” – e, di conseguenza, negli stessi obiettivi strategici, il primo dei quali è comprensibilmente diventato “riaprire il Museo in condizioni di sicurezza”.

Il contenuto di un Piano Strategico di un museo è importante anche per poter valutare, con cognizione di causa, l’operato di un Direttore; in altri termini, per comprendere se i risultati ottenuti attraverso la gestione del museo sono stati intenzionali o, piuttosto, se essi sono stati l’effetto di scelte contingenti e non preordinate, e dunque non necessariamente coerenti tra loro, proprio perché mancanti di un punto di ancoraggio rappresentato da quanto contenuto nel documento di programmazione del museo.

Occorre dunque che questi intendimenti siano resi pubblici, siano condivisi e socializzati con quanti sono interessati a capire il senso delle attività e dei progetti portati avanti dalla Direzione del museo. È quanto avvenuto nel caso del MANN, non solo con le presentazioni pubbliche organizzate per illustrare i contenuti di questi due documenti, ma anche – più banalmente, ma forse non tanto – con la messa a disposizione delle relative copie digitali sul sito del museo.

Mi piace sottolineare, sotto questo profilo, che nelle diverse evoluzioni che ha avuto il sito internet del MANN, i link a tali documenti sono stati sempre collocati in modo ben visibile nella home. Chiunque fosse stato interessato a consultarli ha dunque avuto la possibilità di scaricarli, leggerli e trarre le proprie conclusioni sulle traiettorie in essi delineate e rispetto ai risultati effettivamente conseguiti.

Appare chiaro che, per compiere una valutazione di questo tipo in modo analitico, occorre avere a disposizione ulteriori informazioni, in ordine a ciò che effettivamente il Museo ha realizzato nel corso degli anni. E questo è generalmente molto difficile da realizzare, perché i musei italiani sono molto opachi, da questo punto di vista: spesso informazioni di dettaglio sulle attività di un museo non sono disponibili, o perché non esistono o perché non sono rese accessibili.

Sotto questo profilo, il MANN ha invece avuto un comportamento coerente, mettendo cioè a disposizione in modo sistematico tali dati, in modo da rendersi del tutto “trasparente”, in una prospettiva dunque di accountability. Con questo termine, la letteratura manageriale fa appunto riferimento alla possibilità che un’organizzazione “renda conto” di ciò che ha fatto, delle risorse che ha avuto a disposizione e di come esse siano state effettivamente utilizzate. Anche la capacità di spesa di un museo è infatti una qualità non scontata, che denota una capacità progettuale e amministrativa non sempre presente, ma in tutta evidenza fondamentale; tuttavia, va incidentalmente osservato, non sempre questo aspetto viene preso in debita considerazione.

Il comportamento del MANN, da questo punto di vista, è dunque stato esemplare: il Direttore ha infatti accolto con convinzione la mia proposta di accompagnare la realizzazione del primo e del secondo Piano Strategico con la redazione dei Rapporti annuali di Attività, per ciascuno degli anni del suo mandato: è infatti in corso di completamento la realizzazione del settimo Annual Report, che comprenderà anche una sezione dedicata ai primi mesi dell’ottavo (e ultimo anno) considerato nell’orizzonte temporale della programmazione. Non solo: in ciascuno di essi è stato anche contemplato un raccordo con quanto previsto nel corrispondente Piano Strategico, attraverso una tabella di facile comprensione, in modo da facilitare la comparazione tra quanto era stato previsto per quello specifico anno e quanto fosse stato effettivamente realizzato.

Questa comparazione tra obiettivi e risultati è avvenuta anche in quei casi in cui è stato evidenziato un – ancorché limitato – disallineamento: non sempre, infatti, il MANN ha posto in essere quanto era stato previsto; e talvolta, sono state viceversa realizzate delle attività non previste originariamente. Ma questo rientra nella fisiologia del processo di programmazione strategica: nessuno ha la sfera di cristallo, e talvolta le ipotesi formulate sul futuro vengono smentite dalla realtà; si realizza, pertanto, quella che in letteratura viene definita come “strategia emergente”, che non coincide con quella deliberata.

E veniamo, dunque, alla chiusura del cerchio, cioè alla realizzazione del cosiddetto “Bilancio di missione”. Anche in questo caso, mi sono messo (diligentemente) a studiare quanto realizzato da altri musei, in Italia e all’estero. Ne è scaturito un iniziale indice del documento molto articolato, che avrebbe ben potuto restituire una complessiva rappresentazione dei risultati ottenuti dal Direttore Giulierini negli otto anni del suo doppio mandato. Ma questo approccio mi è sembrato troppo quantitativo e dunque non in grado di raccontare anche quello che non si legge in un documento di carattere istituzionale, ma che costituisce invece l’essenza del suo pensiero, che ha acquisito corposità e forma attraverso le innumerevoli scelte realizzate durante la sua gestione.

Per tale motivo, a valle di uno scambio di idee con alcuni dei più stretti collaboratori del Direttore, ho accolto – con entusiasmo anche se con un certo timore – la suggestione che mi propose Francesca Pavese: realizzare una conversazione a due con Paolo Giulierini, attraverso la quale restituire, in forma narrativa, quanto realizzato dal Museo negli otto anni della sua direzione.

Non è stato semplice per me, perché questa sorta di “intervista” è molto lontana dalla mia modalità di raccontare ciò che studio, cosa che avviene solitamente – per l’appunto – in modo più preciso e strutturato. Ma ho deciso di cogliere questa possibilità per almeno tre motivi: il primo, per il puro piacere di farlo: è stata una bella occasione per confrontarsi con il Direttore, ragionando con lui ad alta voce su temi, esperienze, sperimentazioni e criticità incontrate lungo il percorso. Il secondo, perché questo approccio mi è sembrato del tutto inusuale rispetto a quelli consolidati nel panorama internazionale e quindi ho pensato che potesse rappresentare un’altra spericolata sperimentazione, che si sarebbe aggiunta alle molte che ho realizzato in questi anni proprio con la sua complicità. Infine, perché ho avuto la sensazione che questa soluzione, benché “fuori standard”, potesse essere effettivamente un modo per raccontare otto anni di gestione del MANN, con i successi ma anche con le difficoltà che si sono dovute affrontare e, dunque, anche con quelle idee che alla fine non sono state portate a compimento.

La mia difficoltà nel gestire questa modalità di narrazione è anche derivata dal fatto che, in molti casi, ho direttamente ideato e partecipato alle attività descritte nelle pagine che seguono: ho quindi dovuto prestare molta attenzione a fare “un passo indietro” ogni qualvolta avrei potuto rappresentare il mio vissuto e il mio punto di vista. Ma la voce narrante di questa magnifica storia doveva essere una sola, quella di Paolo Giulierini, alla quale ho dunque provato ad assicurare il giusto e meritato risalto.

In chiusura, due ringraziamenti: a Serena Venditto, che con infinita cura e pazienza ha restituito ad unità le molte conversazioni avute con il Direttore, usando la sua perizia narrativa per tessere un racconto che risultasse intrinsecamente coerente, ma anche rispettoso della spontaneità con la quale talvolta si è sviluppato. E grazie all’amico Paolo, non già al solo Direttore Giulierini, per la fiducia che mi ha accordato una volta di più, anche nella realizzazione di questo insolito progetto.

Napoli, settembre 2023


Il testo del volume è disponibile a questo link.

Pubblicato da Ludovico Solima

Professore ordinario in Economia e gestione delle imprese | Titolare della cattedra di Management delle Imprese Culturali | Dipartimento di Economia | Università della Campania "Luigi Vanvitelli"

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